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Morte di Chiara Maffei: altri enti nel mirino

Si sta allargando l’inchiesta sulla morte di Chiara Maffei avvenuta nella notte fra il 19 e il 20 dicembre 2008, a tal punto di dividersi in due tronconi giudiziari. Il pm Katia Marino sta, infatti, per chiedere il rinvio a giudizio per tre persone accusate di omicidio colposo – il giovane che era alla guida della macchina finita in una voragine e due tecnici del Servizio tecnico di bacino (ex Genio civile) – ma nel contempo ha chiesto anche ulteriori accertamenti riguardanti altri enti pubblici, con la strada sterrata imboccata quella maledetta notte come punto d’approfondimento investigativo. Quindi se le indagini vanno avanti su un fronte, dall’altro l’imminente richiesta di rinvio a giudizio riguarda Marco Benassi (che era alla guida della Fiat Punto precipitata nella voragine scavata dal Secchia), ma anche il coordinatore Gianfranco Larini e l’ingegnere Ubaldo Rubbianesi del Servizio tecnico di bacino della Regione. L’udienza preliminare dovrebbe tenersi entro l’estate. Un “passaggio” – in tribunale a Reggio – a cui parteciperà anche la famiglia Maffei che, tramite l’avvocato Marco Fornaciari, intende costituisri parte civile nel procedimento. Gli accertamenti degli inquirenti avrebbero sinora chiarito che la strada sterrata al centro dell’inchiesta è di proprietà demaniale (quindi dello Stato), ma la gestione sarebbe stata affidata alla Regione tramite il Servizio tecnico di bacino. Ma il pm Marino vuole ora capire se vi possano essere altre responsabilità da parte di ulteriori enti pubblici, visto che quel tracciato si snoda su due Comuni (Baiso e Castellarano). Quella notte la Fiat Punto si era immessa nella strada sterrata dalla parte di Baiso per dirigersi verso Roteglia di Castellarano e l’incidente mortale era avvenuto in località Muraglione di Baiso. Il contachilometri dell’auto ribaltatasi nel Secchia era fermo sui 60 chilometri orari, ma secondo il perito d’ufficio Dante Davalli «la velocità non doveva essere inferiore a 80». L’avvocato Fornaaciari che tutela i familiari di Chiara è sempre stato fermo su questo punto: «In quelle condizioni era impossibile frenare su una strada sterrata e al buio. Se fosse andato a 20-30 chilometri orari, probabilmente davanti alla voragine l’auto si sarebbe fermata o poteva scivolare in basso lungo la scarpata. A 40 chilometri orari, dice la perizia, sarebbe finita nel fiume senza perdere l’aderenza con la frana. E comunque strade del genere vanno percorse a una velocità non superiore ai 10 chilometri orari. Ovviamente – aveva concluso il legale – a tutto questo si assomma l’incuria di chi doveva sorvegliare quel tratto di strada che era comunque frequentata».